La protesta dei coltivatori in ginocchio dopo il varo del decreto sicurezza. Pronti i ricorsi: «Il governo così ha bloccato lo sviluppo»
Chi ha deciso di chiudere o lasciare a casa il personale perché con il decreto sicurezza il grosso dell’attività non è più legale. Chi andrà all’estero, in Repubblica Ceca o Francia, dove la coltivazione e lavorazione della canapa invece, anche dell’infiorescenza, non è soggetta a misure ostative. Chi farà disobbedienza civile continuando l’attività, sperando che qualche modifica arrivi in supporto di un settore che era in via di sviluppo e ora non sa più quale sarà il suo futuro. In attesa, comunque, dell’esito ricorsi e dell’intervento dell’Europa, perché si esprima su una legge (quella italiana) che dichiara illegale una buona parte degli imprenditori della filiera della canapa.
Salvati solo semi e fibra
Il giro di vite del governo esclude tutti i prodotti costituiti da infiorescenze anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, o contenenti estratti, resine, oli. Prima la pianta si poteva utilizzare nella sua interezza, fiori, semi, fusto, foglie, residui, e per usi diversi (cosmesi, oli, alimentare, bioedilizia, lettiere per animali, canapa light, birra). Ora l’infiorescenza, la parte più pregiata, viene vietata, è diventata illegale, è autorizzato solo il florovivaismo professionale. Il governo ha «salvato» solo i semi e la fibra, ma non basta.
Cento aziende venete
Cento aziende venete, che si estendono su circa 65 ettari, ora si ritrovano in ginocchio: «Con l’approvazione del decreto sicurezza abbiamo perso il 90 per cento della nostra operatività, quindi rivolgeremo lo sguardo all’estero» afferma Myall Lawrence, titolare dell’azienda agricola Agroselectiva nel Veneziano con due soci e segretario dell’associazione Imprenditori Canapa Italia. Il contratto di due collaboratori non è stato rinnovato. E ora quell’azienda che continuava a crescere diventerà, in poche parole, una «serra» per colleghi che hanno l’attività oltre confine, magari registrando nuove varietà di canapa industriale: «Produrremo le piante a uso fibra e seme per spedirle all’estero, senza la trasformazione, anche se il fiore verrà prodotto naturalmente e un piccolo rischio c’è».
La ricerca di un confronto
Il decreto sicurezza infatti ha aperto al seme della canapa sativa, escludendo del tutto il fiore che, però, è la parte più importante. «Purtroppo il seme ha una redditività molto bassa – analizza l’imprenditore -, a meno che la struttura non sia da latifondista, una multinazionale. Ma per piccole attività, anche artigianali, è la fine. Abbiamo cercato confronto per mesi, anche alcune figure politiche hanno sostenuto la nostra causa, ma non c’è stata possibilità di dialogo. Solo i grandi gruppi potranno avere mercato per la fibra, i tessuti, o per valorizzare il seme. La struttura capillare, come quella veneta, non può sopravvivere. Quello che era stato creato, adesso sta crollando».
La Regione
Per le aziende che lavorano la canapa si era speso, anche nella Conferenza delle Regioni, l’assessore Federico Caner: «La modifica introdotta legittima il trattamento solo dei semi a scopo agricolo. Rispetto alla richiesta delle Regioni è una apertura blanda ma comunque importante. L’interlocuzione col Governo continua, la questione probabilmente verrà ripresa per capire quali conseguenze porterà per le aziende agricole che trattano infiorescenze e non semi». Un lumicino di speranza per cento imprese che valgono 75 milioni di euro l’anno, in Veneto.
In attesa dell’ufficialità
Lawrence mantiene quella luce accesa: «In altre Regioni stiamo resistendo a sequestri, che sono stati impugnati, e ricorrendo contro revoche della Scia. Attendiamo i ricorsi in Corte Europea. Il tutto in attesa di leggere il testo approvato al Senato e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale». Fa sorridere, chiude, che sia appena arrivato «il trimestrale dell’Iva da versare, ci dichiarano illegali, ma le tasse ce le chiedono sempre». A favore delle imprese era intervenuto anche il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti: «È necessario ribadire la distinzione fra l’uso delle piante per prodotti alimentari o per le costruzioni, con risultati anche importanti, e l’uso delle infiorescenze per produrre sostanze psicotrope. Questa è la parte da vietare. Mi auguro che sia possibile distinguere le diverse applicazioni».
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