imprese tartassate, ma anche pagare è complicato


Entro lunedì 16 giugno i contribuenti italiani saranno chiamati a versare all’erario 42,3 miliardi di euro in tasse. Tra ritenute Irpef dipendenti e collaboratori, Iva, Imu, Tari, ritenute Irpef lavoratori autonomi. Un importo che secondo l’Ufficio studi della Cgia è sottodimensionato, poiché non include il valore economico dei contributi previdenziali che dovranno essere pagati dalle imprese e dai lavoratori autonomi.

I titolari di impresa saranno chiamati a versare all’erario almeno 34 miliardi di euro, quasi la totalità del gettito totale previsto (l’80% circa). Questa cifra assoluta in capo alle aziende comprende, in particolare, le ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e sui collaboratori familiari (14,4 miliardi), l’Iva (13,2), l’Imu (5) e le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi (1,3). Cifra alla quale entro il 30 giugno si uniranno altri 17 miliardi per Ires, Irap, Irpef, addizionale regionale Irpef, addizionale comunale Irpef. Gettito previsto (b) 17.088

Per le imprese il pagamento delle ritenute Irpef dei propri dipendenti e dell’Iva — importo stimato dalla CGIA in 27,5
miliardi di euro — rappresenta una mera partita di giro: nel caso delle ritenute Irpef, infatti, le aziende agiscono come sostituti d’imposta per
conto dei propri lavoratori; riguardo all’Iva, invece, si tratta di somme già incassate in precedenza, ogni qual volta hanno ricevuto un
pagamento dalla clientela a seguito dell’emissione di una fattura.

Il confronto col resto d’Europa

Le imprese italiane si confermano le più tartassate d’Europa. Nel 2024 – rileva sempre la Cgia – la pressione fiscale in Danimarca era al 45,4 per cento del Pil, in Francia al 45,2, in Belgio al 45,1, in Austria al 44,8 e in Lussemburgo al 43. Tra tutti i Paesi dell’UE, l’Italia si posizionava al
sesto posto con un tasso del 42,6 per cento del Pil.

Tra i principali competitor commerciali delle imprese italiane, solo la Francia presentava un carico fiscale superiore. Se in Germania il peso fiscale sul Pil era al 40,8 per cento (1,8 punti in meno rispetto al dato Italia), in Spagna addirittura al 37,2 (5,4 punti in meno che da noi). Il tasso medio in UE, invece, era al 40,4, 2,2 punti in meno della nostra media nazionale.

L’Italia, insieme al Portogallo, è il Paese dove sono necessari più giorni di lavoro per pagare le imposte dopo aver terminato le incombeze burocratiche: 30 giorni, contro una media di 18 giorni nell’Area Euro.





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