Francesca Posarelli: «Le piccole imprese fanno battere il cuore economico del Paese»


PISA. Quale è lo stato di salute dell’economia toscana? Risponde Francesca Posarelli, imprenditrice pisana al vertice regionale della Piccola Industria: «Siamo preoccupati perché l’economia regionale è in una fase di rallentamento. I margini si sono ridotti, i costi dell’energia sono troppo alti, quelli delle materie prime sono ancora elevati, l’accesso al credito è difficile, pesano tensioni geopolitiche e dazi. Tutti fattori che hanno un impatto rilevante sulle piccole industrie toscane, sia sulle aziende di filiera, sia sulle imprese che arrivano al mercato. Neppure i dati sulle esportazioni delle imprese toscane nel primo trimestre di quest’anno ci confortano. Sebbene si stia ancora parlando complessivamente di variazioni positive, +8,8%, il manifatturiero flette del 14% al netto della farmaceutica e dei metalli preziosi che continuano a crescere. In questo contesto di luci e ombre, ci sono tuttavia piccole realtà che hanno saputo affermarsi in nicchie di mercato, cogliendo le opportunità che si sono loro presentate. Nel complesso le piccole imprese stanno affrontando sfide enormi, che soprattutto in alcuni settori, come la moda, chiedono capacità di resistenza che va oltre le loro forze. E stiamo parlando di piccole imprese di alta qualità per capacità, competenze e saper fare. L’eccellenza del made in Italy».

La piccola industria fornisce un contributo decisivo alla crescita, ma spesso non è ai primi posti nell’agenda dei politici. Perché?

«L’ho detto poche settimane fa a Firenze, nel mio intervento al Forum nazionale della Piccola Industria di Confindustria: siamo noi piccole imprese il cuore economico del Paese. Pensi che in Toscana il tessuto produttivo è composto da quasi 350mila piccole e medie aziende che coprono l’85% dell’occupazione. La nostra regione è sede anche di multinazionali e grandi imprese che hanno scelto di investire qui proprio perché ci siamo noi, con le nostre capacità; con il nostro saper fare. Siamo il valore delle loro filiere. Abbiamo capacità, determinazione, ma abbiamo anche gli stessi problemi delle imprese più grandi e più strutturate. Pensi solo alla burocrazia. Ai suoi tempi troppo lunghi. È complicata e spesso richiede competenze specifiche, che le piccole imprese non hanno al loro interno. Ci servono una burocrazia semplice e tempi brevi di risposta».

Costi dell’energia: è cambiato qualcosa nelle ultime settimane? Oppure siamo di fronte solo a promesse da parte del governo?

«Le dico questo: la paghiamo troppo. E per noi piccole imprese pesa tanto. I costi dell’energia in Italia sono superiori del 35% al prezzo medio europeo. È un fattore che comprime i margini non solo delle grandi aziende energivore, ma di tutto il tessuto produttivo. Ha ragione il presidente di Confindustria Toscana, Maurizio Bigazzi, quando fa sentire la sua voce su questo tema. E poi in Toscana abbiamo una risorsa straordinaria che potremmo sfruttare di più: la geotermia, che oggi copre già oltre il 30% del fabbisogno energetico regionale. Allo stesso tempo è importante dare un ulteriore impulso alle energie rinnovabili, con una normativa snella e semplice che consenta di realizzare facilmente gli investimenti delle imprese in questi ambiti».

Come sostenere l’internazionalizzazione delle aziende?

«Credito e supporto operativo. Su entrambi i fronti stiamo lavorando attivamente come sistema Confindustria. L’internazionalizzazione è un tema che sento in modo particolare e considero strategico per il futuro delle piccole e medie imprese. Anche per questo faccio parte del Gruppo tecnico internazionalizzazione di Confindustria nazionale, uno spazio di ascolto e proposte che consente di tradurre le esigenze delle imprese in politiche per iniziative mirate. Dobbiamo sostenere le Pmi nel percorso di accesso ai mercati esteri, accompagnandole con competenze, strumenti e servizi. E, soprattutto, guidarle nell’intercettare le opportunità offerte da bandi, incentivi e accordi internazionali. In un mondo segnato da tensioni geopolitiche, dazi e nuovi equilibri, la diversificazione dei mercati è una priorità. L’Ue resta una leva fondamentale, ma guardiamo con grande attenzione anche a mercati emergenti».

Formazione e reclutamento del personale sono due punti centrali per la crescita economica. Quali le carenze principali nel nostro Paese?

«Dialogo università e impresa; scuole superiori e impresa. A volte i ragazzi non conoscono neppure le imprese del territorio. Occorre una maggiore promozione di formazione qualificata come gli Istituti tecnici superiori (Its) dove i ragazzi vengono preparati sulla base di esigenze reali di competenze. Spesso facciamo fatica a trovare le figure che ci servono. Soprattutto noi piccole imprese. Se non cresce il dialogo fra sistema scolastico e aziende, sarà un problema. E fra poco sentiremo i primi effetti del calo demografico».

Intelligenza artificiale: rischio o opportunità?

«Opportunità infinite e nessun rischio. L’intelligenza artificiale è già parte del presente. È solo questione di tempo e di “convivenza”. C’è chi lo farà in tempi più lunghi e chi ha già saputo cogliere le possibilità e le opportunità straordinarie che offre. E aggiungo: non credo che l’IA toglierà lavoro, bensì cambierà il nostro modo di lavorare. Dobbiamo essere pronti a cogliere tutte le potenzialità che offre, soprattutto in termini di efficienza, analisi e innovazione. Il nostro ruolo è quello di accompagnare le aziende in questo percorso, aiutandole a comprendere e utilizzare le tecnologie in modo consapevole. Oggi servono anche competenze specifiche in questo ambito perché l’intelligenza artificiale è soprattutto una questione di persone».



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