L’imprenditrice Gervasio: «Oggi il welfare è un investimento»


Dopo il supporto economico ai dipendenti che desiderano adottare un bambino o ricorrere alla procreazione assistita, ultima misura di welfare introdotta in azienda, Bluenergy Group si prepara a rilanciare con una misura di sostegno a favore dei cargiver, dipendenti che si devono prendere cura di genitori o in generale parenti bisognosi.

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La redazione

Una 104 in versione aziendale, per dirla con il capo del personale della multiutility friulana – sede a Udine, circa 400 dipendenti totali di cui la metà donne – che si prepara a scrivere così un’altra pagina innovativa nel campo del welfare aziendale. Ad annunciarla è l’amministratore delegato del gruppo, Alberta Gervasio, partendo dalle prime mosse di Bluenergy in materia di conciliazione e di supporto alle donne lavoratrici.

Gervasio, quando avete iniziato?

«Abbiamo iniziato subito prima che scoppiasse il Covid dopo aver fatto un’indagine interna sul clima che si respirava in azienda e che ci aveva consentito di rilevare una certa insoddisfazione nei nostri dipendenti rispetto all’equilibrio tra lavoro e vita privata. A quel punto abbiamo adottato le prime misure che riguardavano il supporto ai dipendenti con la diagnosi di una patologia, si trattava di un contributo a fondo perso di 10 mila euro per affrontare le prime spese e una visita specialistica all’anno gratuita. A queste si sono poi affiancate misure per sostenere la genitorialità: sostegni alle famiglie divisi per fasce d’età, bonus per i campi estivi dedicati a chi ha bambini piccoli e premi per i figli meritevoli dal punto di vista scolastico».

Quest’anno avete introdotto il sostegno alla fecondazione assistita e all’adozione. Riscontri?

«Direi positivi, abbiamo avuto due richieste di informazioni, una per la fecondazione, l’altra per l’adozione. Ora vedremo. Nel frattempo abbiamo iniziato a lavorare su una misura nuova, figlia anche stavolta di un’indagine realizzata al nostro interno».

«Che l’azienda riserva una grande attenzione alle famiglie e ai loro bisogni, meno ai single e alle necessità che sempre più spesso vi sono di accudire genitori anziani».

«Così come abbiamo dato giorni aggiuntivi di paternità, andremo a concedere ore o giorni ai dipendenti per la cura dei familiari, per accompagnarli alle visite mediche o per altre necessità».

Ritiene che la presenza di una donna nel board, nel suo caso con ruolo apicale, possa fare la differenza nell’adozione di misure di welfare?

«C’è di certo maggiore sensibilità, perché noi donne ci portiamo dietro anni di esperienza in prima persona e siamo dunque più portate a comprendere quali sono le necessità di una famiglia e di una donna che lavora».

Dalla sua esperienza, quanto conta il welfare per attrarre il personale?

«Se guardo alle domande che mi fanno nei colloqui che seguo, la prima riguarda lo smart working. Poi quando gli raccontiamo di tutte le misure di welfare notiamo un grande stupore. Non se le aspettano e apprezzano».

«Noi oggi non lo adottiamo, ma garantiamo flessibilità fino a 45 minuti in entrata e settimana corta. In Bluenergy si finisce di lavorare il venerdì alle 14».

Qual è secondo lei il plus di Bluenergy?

«Tra i tanti direi il contributo alle visite mediche, che può sembrare scontato, ma non lo è. Con bilanci familiari sempre più difficili da far quadrare, il rischio è che la prevenzione finisca all’ultimo posto tra le priorità e questo è davvero pericoloso. Siamo reduci dall’esperienza, recente, di una nostra collaboratrice, cui possiamo dire di aver salvato la vita. Grazie alle visite preventive garantite dall’azienda ha scoperto di essere affetta da una grave patologia che ha potuto curare e salvarsi».

Difficile dopo un caso come questo guardare al welfare come a un costo. Eppure molte imprese lo interpretano ancora così.

«Per me è sempre stato un investimento sui collaboratori. Un tempo ti ritenevi fortunato se ti prendevano a lavorare, oggi i ragazzi ti danno un’opportunità, che ti devi meritare». —

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