prestiti giù e edilizia in crisi in Umbria



Crollo del 7,8% per le piccole imprese, costruzioni a picco

Allarme credito – Il sistema del credito in Umbria si contrae in modo significativo. I dati aggiornati della Banca d’Italia, relativi al primo trimestre 2025, certificano una flessione del 5,4% nei prestiti concessi alle imprese regionali rispetto allo stesso periodo del 2024. La dinamica, ben superiore alla media nazionale pari a -1%, posiziona l’Umbria tra le ultime sei regioni italiane per accesso al credito. In termini reali, considerando un’inflazione dell’1,7% annuo, il calo effettivo raggiunge il 7%.

Il totale dei finanziamenti alle aziende umbre è sceso da 7,92 a 7,5 miliardi di euro in un anno, con una riduzione netta superiore a 400 milioni. Il rallentamento è generalizzato, ma colpisce in modo particolare le piccole imprese, che subiscono una contrazione del 7,8% nel confronto tra il primo trimestre 2024 e il primo trimestre 2025. Una diminuzione marcata che evidenzia una maggiore difficoltà di accesso al credito per i soggetti meno strutturati del tessuto produttivo locale.

Nel dettaglio, le imprese di dimensioni ridotte vedono calare l’ammontare dei prestiti da 1,84 a 1,7 miliardi di euro, un taglio che si colloca ben al di sotto della media nazionale, dove la contrazione si ferma al 5,5%. Per le imprese medio-grandi, invece, il calo è più contenuto e si attesta allo 0,9% su base annua.

La distribuzione settoriale della stretta creditizia conferma le difficoltà diffuse. Le costruzioni risultano il comparto più penalizzato: i prestiti alle imprese edili passano da 707 a 632 milioni, con un crollo nominale del 10,6% che, al netto dell’inflazione, diventa un -12,3%. Un segnale particolarmente allarmante in una fase in cui il settore rappresenta un pilastro potenziale per il rilancio economico e per l’attuazione della transizione ecologica.

Non va meglio all’industria, che registra una riduzione del 5,5%, e ai servizi, in calo del 4,1%. In tutti i casi, le performance umbre risultano inferiori rispetto alla media nazionale: l’industria italiana si ferma a -1,5%, i servizi a -1,4%, mentre il settore edile a livello nazionale segna un -7,5%.

Il divario tra l’Umbria e il resto del Paese solleva interrogativi sulle cause di un andamento tanto negativo in una regione in cui il Pil, nello stesso periodo, è cresciuto dello 0,7%, sostanzialmente in linea con il dato nazionale. Le ragioni del disallineamento sembrano risiedere in fattori strutturali e congiunturali.

Da un lato, le medie e grandi aziende umbre, forti di una maggiore liquidità accumulata durante gli anni di politica monetaria espansiva, non hanno avuto necessità di accedere a nuovo credito, soprattutto in un contesto di tassi elevati. Dall’altro lato, il calo degli investimenti nel comparto manifatturiero regionale, che nel 2023 ha visto una riduzione del 9% nei programmi di spesa, ha contribuito a comprimere la domanda di finanziamenti.

A pesare è inoltre la prevalenza di micro e piccole imprese, spesso considerate a rischio più elevato dagli istituti di credito. Il loro basso merito creditizio e le minori garanzie offerte spingono le banche a ridurre le esposizioni, anche in previsione di un possibile aumento delle sofferenze. Il risultato è un irrigidimento che colpisce in particolare le realtà meno capitalizzate e più vulnerabili.

In questo contesto, l’Umbria risulta particolarmente penalizzata. Peggio, in termini nominali, fanno solo Molise, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Basilicata. I numeri riflettono una situazione che potrebbe rallentare ulteriormente il processo di ripresa economica, soprattutto in una fase in cui la doppia transizione – digitale ed ecologica – richiede nuovi investimenti e risorse finanziarie facilmente accessibili.

Il quadro che emerge dai dati è quello di una regione in difficoltà, dove la stretta creditizia rischia di ostacolare le possibilità di crescita delle imprese più piccole, e con esse, dell’intero sistema economico locale.

La dichiarazione: Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria: Per invertire la rotta non basta denunciare la stretta: serve un’azione decisa, mirata e multilivello. La nostra regione non può permettersi di lasciare senza ossigeno le sue imprese più fragili, proprio mentre si gioca la partita cruciale del rilancio economico e della doppia transizione, digitale ed ecologica. Le banche, la Cassa depositi e prestiti, le istituzioni e i territori devono fare la loro parte, ora.

Tre le direttrici d’intervento che possono fare la differenza:

  1. Rafforzare i sistemi di garanzia pubblica, a partire dal Fondo centrale per le PMI, estendendo e semplificando le procedure per l’accesso al credito, soprattutto per le microimprese, le startup, le imprese femminili e giovanili.
  2. Rilanciare il ruolo della Cassa depositi e prestiti in Umbria non solo come finanziatore, ma come partner strategico delle imprese e degli enti locali, attraverso strumenti innovativi come minibond, co-investimenti e piattaforme territoriali dedicate.
  3. Costruire nuove reti territoriali, che coinvolgano banche locali, consorzi fidi, Comuni, associazioni di categoria e Università, per rendere il credito più vicino ai bisogni reali delle imprese umbre, anche attraverso l’uso intelligente dei dati per valutare meglio il merito creditizio delle realtà più piccole.

Non si tratta di tornare a erogazioni facili o indiscriminate, ma di strutturare un ecosistema del credito più giusto, più reattivo e più inclusivo. Con meno burocrazia e più fiducia. Meno rigidità e più prossimità. Perché senza credito anche la migliore idea resta chiusa in un cassetto. E oggi, in Umbria, quel cassetto rischia di restare sbarrato a troppi”.

In Umbria il credito bancario alle imprese arretra in modo netto. I numeri più aggiornati – quelli della Base dati statistica della Banca d’Italia, al 31 marzo 2025 – parlano chiaro: i prestiti a società non finanziarie e famiglie produttrici nella regione sono scesi del 3,5% su base annua, e addirittura del 5,4% se si confronta il primo trimestre 2024 con il primo trimestre 2025. Una contrazione pesante, sesto peggior dato d’Italia, ben superiore alla media nazionale (-1%). Se si considera l’inflazione (+1,7% tra marzo 2024 e marzo 2025), la riduzione in termini reali tocca il –5,1% su base annua e oltre il -7% se si fa il confronto tendenziale tra il primo trimestre 2024 e quello 2025.

Otre 400 milioni di euro in meno. È questo il saldo della stretta delle banche sulle imprese. Il volume complessivo di prestiti in Umbria, al lordo dell’inflazione, è passato da 7,92 miliardi di euro a 7,5 miliardi, in appena dodici mesi.

 

Piccole imprese sotto assedio

A soffrire maggiormente sono le piccole imprese, che rappresentano la spina dorsale del tessuto produttivo regionale. La banca dati statistica di Bankitalia rileva un crollo del 7,8% dei prestiti alle aziende minori nel confronto tra primo trimestre 2024 e primo trimestre 2025. Il credito è sceso da 1,84 a 1,7 miliardi di euro in valori nominali, contro una flessione nazionale del 5,5%. Le imprese medio-grandi hanno registrato un calo ben più contenuto: -0,9% su base annua.

La stretta sul credito non è uguale per tutti. La struttura produttiva umbra – caratterizzata da una maggiore incidenza di micro e piccole imprese rispetto alla media italiana – è colpita con più durezza. Gli istituti di credito, alle prese con il ritorno dell’incertezza macroeconomica e con la fine del ciclo dei super-profitti da tassi elevati, restringono le maglie per i soggetti considerati più rischiosi.

 

Le costruzioni crollano: -12% in termini reali

A livello settoriale, le costruzioni subiscono la frenata più brusca: tra il primo trimestre 2024 e lo stesso periodo del 2025, i prestiti sono passati da 707 a 632 milioni di euro, pari a un calo del -10,6% nominale e -12,3% reale. L’industria registra un -5,5% (da 3,73 a 3,52 miliardi), mentre i servizi calano del 4,1%.

 

Il confronto con l’Italia è impietoso:

  • Credito complessivo alle imprese: -5,4% in Umbria vs -1% in Italia
  • Industria: -5,5% Umbria vs -1,5% Italia
  • Servizi: -4,1% Umbria vs -1,4% Italia
  • Costruzioni: -10,5% Umbria vs -7,5% Italia
  • Piccole imprese: -7,8% Umbria vs -5,5% Italia

 

Tutti gli indicatori posizionano l’Umbria sotto la media nazionale. Peggio, in termini nominali, fanno solo cinque regioni: Molise, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Basilicata.

 Perché l’Umbria è più penalizzata?

Il Pil umbro nel periodo considerato è cresciuto dello 0,7%, in linea con la media italiana. Perché allora la frenata del credito è più accentuata? Tre le possibili spiegazioni:

  1. Maggiore liquidità accumulata dalle medie e grandi imprese umbre durante gli anni del denaro facile (2020-2021), grazie alle politiche ultra-espansive della BCE. Oggi quelle aziende, già ben patrimonializzate, non hanno bisogno di nuovo credito, soprattutto con tassi elevati.
  2. Contrazione della manifattura regionale, che nel 2023 ha ridotto del 9% gli investimenti programmati. Con meno progetti, cala la richiesta di finanziamento. Una dinamica che riguarda anche altre aree del Paese, ma che in Umbria ha inciso di più, per la specializzazione produttiva e il debole andamento industriale.
  3. Struttura produttiva sbilanciata sulle micro e piccole imprese, spesso con merito di credito basso. Le banche, che si preparano a un aumento delle sofferenze e hanno prospettive di profitti inferiori a causa della riduzione dei tassi di interesse, evitano esposizioni rischiose. In Umbria questo significa colpire il cuore dell’economia reale.

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