A Palazzo Chigi la chiamano, con un misto di cautela e inquietudine, «la tempesta perfetta». Perché questa estate del 2025 rischia davvero di trasformarsi in un crocevia delicatissimo, dove tre fronti diversi – la fine dei fondi europei del Pnrr, i nuovi dazi che incombono su export e manifattura e l’incognita migratoria – potrebbero sommarsi, alimentandosi a vicenda. E portare il governo Meloni a vivere, dopo quasi tre anni, la fase più difficile dall’inizio della legislatura.
Ufficialmente il messaggio che filtra resta rassicurante: «L’Italia continuerà a crescere sopra la media europea», ripetono ministri ed esponenti economici. Ma dietro le quinte il clima è cambiato. Il primo fronte riguarda la conclusione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: le risorse straordinarie che dal 2021 hanno spinto la crescita si avviano alla fine, e già nel 2026 mancherà il principale motore di investimenti pubblici. «Il rischio – spiegano fonti del Tesoro – è un rallentamento improvviso che può colpire cantieri, occupazione e fiducia delle imprese».
Come se non bastasse, la stretta commerciale annunciata da Washington con dazi al 30% rischia di colpire in pieno anche la filiera italiana, legata a export e componentistica. «Se calano le esportazioni, si blocca un pezzo fondamentale del nostro Pil», avvertono fonti autorevoli da ministero dello Sviluppo. E l’autunno potrebbe trasformarsi in un banco di prova pericoloso, se dovesse crescere anche la tensione sociale.
Ma è il terzo dossier, quello migratorio, a suscitare le maggiori preoccupazioni nelle stanze di governo. Dopo il boom di sbarchi del 2023 e la relativa tregua del 2024, quest’estate gli arrivi sono tornati a crescere: più migranti rispetto a dodici mesi fa. Quello che preoccupa, però, è soprattutto quello che accade poco più a Est: in Grecia gli sbarchi hanno registrato un aumento verticale, tanto che il governo ha deciso una misura estrema – la sospensione per tre mesi della possibilità di presentare domande di asilo. Un segnale che, spiegano a Roma, «potrebbe preludere a un effetto domino sulle rotte del Mediterraneo».
A confermare l’allarme non sono solo i tecnici del Viminale, ma anche i servizi segreti, che nei report più riservati parlano esplicitamente di «scenario greco» come rischio concreto anche per l’Italia. Dietro il fenomeno, spiegano fonti dell’intelligence, pesa anche il diverso rapporto con la Libia: Atene ha rapporti molto più tesi con l’ex Jamahiriya, mentre Roma mantiene un canale di dialogo che, finora, ha contribuito a contenere la pressione. Ma Tripoli resta un «sorvegliato speciale», e la preoccupazione – spiegano – è che possano arrivare sorprese improvvise legate a dinamiche interne libiche, «e Almasri non c’entra».
La premier Meloni, consapevole della delicatezza del momento, ha chiesto massima attenzione su tutti e tre i fronti: evitare un vuoto di investimenti pubblici dopo la fine del Pnrr, negoziare correttivi sui dazi per salvaguardare il made in Italy, e rafforzare ancora di più la cooperazione con Tripoli per prevenire nuovi flussi incontrollati. Il problema, raccontano parlamentari di maggioranza, è che «se questi tre rischi si materializzano insieme, può diventare una crisi difficile da gestire, anche sul piano dell’opinione pubblica».
Paradossalmente, spiegano ancora fonti interne, tutto questo arriva mentre la popolarità personale della premier resta alta nei sondaggi. «Ma governare senza margini finanziari e sotto pressione costante è un altro discorso», avverte un deputato. Così, tra vertici riservati e relazioni dell’intelligence, cresce la consapevolezza che i prossimi mesi potrebbero decidere la tenuta del governo. La tempesta perfetta, appunto: dazi, fine dei fondi UE e l’ombra lunga di una nuova emergenza migranti che questa volta, il centrodestra non saprebbe come gestire.
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