Pensioni, in Italia un over 65 su 10 lavora anche dopo il ritiro


Dalla sanità all’artigianato. Dall’insegnamento nelle università ai tecnici professionisti per l’industria meccanica, elettronica o dell’automotive. Passando per i consulenti del lavoro, gli esperti fiscali e gli avvocati. Tra aziende che non riescono a trovare abbastanza giovani formati, necessità di arrotondare l’assegno pensionistico, anche visto il peso del caro-vita, e volontà di mantenersi attivi, sono sempre di più gli over 65 che rimangono a lavorare anche quando i requisiti per la pensione. Lavorando soprattutto come consulenti autonomi per le aziende private.

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Secondo l’ultimo rapporto di Eurostat oltre il 9% dei pensionati europei decide di restare nel mercato del lavoro. L’Italia, secondo gli esperti, è in linea con la media dell’Ue. Lavorano il 9,4% dei 50-74enni, da quando hanno iniziato a ricevere una pensione di qualsiasi tipo: di questi il 6,6% ha continuato a fare lo stesso lavoro che svolgeva prima del pensionamento e il 2,8% ha cambiato mansione, spesso intraprendendo una nuova carriera.

LE CAUSE
Secondo l’Istat nel 2023 addirittura il 10,8% dei pensionati tra 50 e 74 anni, cioè 712mila persone, hanno lavorato. Il dato dei pensionati-lavoratori cresce poi al 13,1% se si considera chi ha un assegno pensionistico dovuto a un impiego lavorativo precedente e non percepito per altro motivo, come, per esempio, una reversibilità. «La pensione non è sufficiente» oppure «ho ancora molto da dare»: sono le due ragioni principali che spingono queste persone a continuare a lavorare. Le cause economiche riguardano almeno un terzo della platea. Il tutto incontrando la necessità delle aziende di mantenere lavoratori esperti, operai compresi, difficilmente sostituibili. A invogliare i pensionati a restare al lavoro, in alcuni casi, sono anche le misure statali che “premiano” questa scelta. Dopo la stagione dei pensionamenti anticipati grazie a Quota 100 (poi diventata Quota 102 e 103), dal 2023 il governo ha reintrodotto il cosiddetto “bonus Maroni”, rafforzato con l’ultima Manovra. Da quest’anno tutti i lavoratori e le lavoratrici che rientrano nei meccanismi ordinari di anticipo della pensione possono rinviare il pensionamento e continuare a lavorare, percependo in busta paga la quota di contributi a loro carico (circa il 9%) della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

Con la versione originaria del bonus, fruibile dal 2004 al 2007 (che riguardava tutti coloro che raggiungevano i requisiti per la pensione di anzianità), si ricevevano in busta paga tutti i contributi (compresa la quota a carico del datore di lavoro), quindi circa il 33% della retribuzione. Il governo ha stimato prudenzialmente che il nuovo bonus potrà essere attivato da 7mila persone quest’anno. Su 100 pensionati che restano attivi, comunque, oltre 56 sono “partite Iva”. Secondo i sindacati preoccupa la quantità di operai o tecnici “anziani” che continuano a lavorare. Motivo per cui Uil e Cgil ricordano dei casi sempre più elevati di over 66 o addirittura ultra-settantenni che si feriscono o muoiono per incidenti sul lavoro. Come detto, però, secondo Eurostat le ragioni che spingono a lavorare dopo la pensione non sono soltanto economiche. Alcuni vogliono trasmettere competenze, altri restano nel mercato del lavoro per sentirsi ancora parte di una comunità, o semplicemente perché il partner è ancora attivo professionalmente.





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