Meta, il gigante americano dei social media, ha ospitato sulle proprie piattaforme (Facebook, Instagram e Threads) più di 100 annunci pubblicitari per raccolte fondi in favore dell’Idf, in violazione sia del proprio codice di condotta che delle norme europee. Ne dà conto un’indagine di Eko, organizzazione internazionale per la tutela dei consumatori, documentando le numerose iniziative online che hanno fruttato alla causa in favore delle forze armate israeliane almeno 2,4 milioni di dollari.
A promuovere l’operazione, sigle come Vaad Hatzedaka o Chesed Fund, organizzazioni con sede negli Usa e riconducibili al mondo ebraico filo-Netanyahu. La stessa Eko deununcia come in Europa simili iniziative sono ad alto rischio di violazione del Digital Services Act (Dsa), norma introdotta da Bruxelles nel 2024 e mai amata dai giganti del digitale. Il Dsa obbliga infatti le piattaforme alla trasparenza su contenuti pubblicitari sensibili, come possono essere quelli politici o anche militari, soprattutto quando vengono fatti passare come operazioni di beneficenza, come in questo caso.
Ieri Meta ha sferrato un attacco a Bruxelles, annunciando che dal prossimo ottobre non consentirà più la pubblicazione di inserzioni politiche, elettorali e di argomento sociale sulle proprie piattaforme nei confini europei.
La decisione va inquadrata come risposta critica al nuovo regolamento sulla trasparenza delle pubblicità politica, o Ttpa, approvato più di un anno fa e pronto ad entrare pienamente in vigore proprio il 10 ottobre. Scopo del Ttpa, quello di rendere palesi, attraverso un’etichetta, i contenuti pubblicitari di carattere politico o elettorale, specificando chiaramente la provenienza dei finanziamenti e le tecniche usate per targhetizzare gli utenti.
Tutte norme con cui Bruxelles dice di voler contrastare le influenze esterne e la disinformazione. Quella russa, e in subordine cinese, sono tradizionalmente le più temute. Eppure, nell’era del trumpismo e dell’allineamento tra Silicon Valley e Casa Bianca, sono i giganti del digitale Usa a sentirsi sotto attacco dal sistema regolatorio europeo. Senza contare la minaccia di tassa europea sul digitale che incombe in caso di non accordo sui dazi.
«L’atteggiamento di Meta non è nuovo e sembra una mossa per creare pressione sull’applicazione della legge Ue», commenta al manifesto l’eurodeputato Brando Benifei (Pd/S&D), co-relatore della legge Ue sull’Intelligenza Artificiale. «Come con gli altri Big Tech dobbiamo dialogare. Ma senza farci dettare da loro le regole».
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