Un tempo considerata un passaporto sicuro per il mondo del lavoro, oggi la laurea in informatica si confronta con l’automazione crescente delle competenze base e l’arrivo di strumenti generativi che riscrivono le regole.
La formazione informatica tra crisi del coding e nuovi paradigmi
La formazione in informatica è chiamata a confrontarsi con una transizione radicale: non si tratta solo di aggiornare le competenze tecniche, ma di immaginare nuovi modelli educativi che integrino l’uso dell’AI generativa, la diffusione del pensiero computazionale e l’approccio progettuale del design thinking.
Serve una strategia di lungo periodo che permetta a università e imprese di affrontare l’incertezza e di costruire percorsi coerenti con i futuri possibili della tecnologia e del lavoro.
Università e intelligenza artificiale: modelli a confronto
Negli ultimi mesi, università come Carnegie Mellon e Columbia stanno affrontando un ripensamento profondo dei propri corsi di laurea in informatica. L’adozione crescente dell’intelligenza artificiale generativa ha reso evidente quanto gli attuali modelli educativi siano esposti all’obsolescenza: strumenti come ChatGPT, Copilot e altri assistenti intelligenti sono oggi in grado di generare codice, scrivere testi e persino supportare attività progettuali. A fronte di un mercato del lavoro tech sempre più competitivo, con una drastica riduzione delle offerte per profili junior e una concentrazione delle opportunità nei ruoli di alta specializzazione in AI, molte università stanno esplorando soluzioni alternative.
Si va dalla diminuzione dell’enfasi sulla programmazione pura alla valorizzazione del pensiero computazionale, dall’integrazione dell’AI nei corsi introduttivi allo sviluppo di nuove competenze trasversali. Contemporaneamente, programmi come “Level Up AI”, promossi dalla National Science Foundation, puntano a definire una base comune di alfabetizzazione all’AI per studenti universitari e dei community college, accompagnata da un ripensamento metodologico che include il pensiero critico, la responsabilità d’uso e la capacità di interpretare l’impatto sociale dell’AI.
Tre scenari evolutivi per la formazione informatica
Alla luce di queste trasformazioni, si possono delineare almeno tre scenari evolutivi per la formazione informatica, utili ad alimentare una riflessione strategica sul futuro dell’educazione e del lavoro tecnologico.
Scenario 1. Il declino del modello “code-centric”
In questo scenario, le università continuano a formare studenti come se fossimo ancora nell’era pre-AI, con forte enfasi sulla padronanza di linguaggi di programmazione, poca integrazione con strumenti AI e scarsa attenzione alle soft skill. Gli studenti si scontrano con un mercato del lavoro in trasformazione, in cui le attività di programmazione entry-level vengono automatizzate. Il rischio è una crescente polarizzazione tra pochi esperti e una massa di laureati sottoutilizzati. Come ha spiegato Thomas Cortina, professore e vice-preside a Carnegie Mellon University, “la tecnologia ha davvero scosso l’educazione informatica”.
Le università sono costrette a rivedere programmi e contenuti, in un contesto dove strumenti come ChatGPT e Copilot iniziano a generare codice in autonomia.
Zuckerberg ha previsto che, entro l’anno, l’AI raggiungerà le performance di un programmatore software di livello medio. Intanto, l’occupazione nelle professioni tech è calata del 6% e le offerte di lavoro per profili junior sono scese del 65% (dati CompTIA).
Scenario 2. L’informatica come disciplina ibrida e relazionale
Qui emerge un nuovo paradigma educativo, la laurea in informatica diventa un ponte tra competenze tecniche, pensiero critico e impatto sociale. I percorsi formativi si aprono a contaminazioni interdisciplinari (es. scienze politiche, etica, comunicazione), e l’AI viene usata come strumento di co-creazione.
Il design thinking supporta la riprogettazione dell’esperienza didattica, centrata su bisogni reali, empatia e iterazione. Connor Drake, studente all’University of North Carolina at Charlotte, rappresenta bene questa nuova generazione, accanto allo studio dell’informatica, ha scelto un minor in scienze politiche, si è specializzato in studi sull’intelligence, è presidente del club di cybersecurity e attivo nella rappresentanza studentesca. La sua strategia è diversificare le competenze e costruire un profilo ibrido, adattabile a contesti diversi.
Scenario 3. La democratizzazione del software e l’era dei “programmatori aumentati”
L’AI generativa diventa uno strumento abilitante per tutti. Professionisti di settori non-tech iniziano a creare strumenti software personalizzati grazie ai chatbot e all’automazione low-code.
Le università che intercettano questa trasformazione offrono percorsi trasversali, e la programmazione diventa una competenza diffusa. Il coding non scompare, ma si ibrida con le competenze di dominio e si diffonde su scala.
Come sottolinea Alex Aiken, docente a Stanford, “il numero di posti da ingegnere del software potrebbe calare, ma il numero totale di persone coinvolte nella programmazione aumenterà”. Si tratta di una nuova ondata di democratizzazione tecnologica, in cui ogni settore professionale integra l’IA nella propria operatività, alimentandola con dataset specifici.
Design thinking e foresight per ripensare la formazione informatica
I tre scenari descritti non sono predizioni, ma futuri possibili. Il foresight permette di mappare questi scenari, identificare segnali deboli e costruire strategie flessibili e resilienti. Il design thinking, invece, aiuta a riprogettare i percorsi formativi a partire dalle esigenze degli studenti e dei contesti professionali. Insieme, offrono un framework per affrontare l’incertezza con metodo e immaginazione.
La National Science Foundation ha promosso il progetto “Level Up AI”, che riunisce università e community college per definire una visione condivisa dell’alfabetizzazione all’IA. L’obiettivo è spostare il focus dalla sola programmazione al pensiero computazionale e alla comprensione dell’IA come tecnologia che richiede consapevolezza, senso critico e capacità di giudizio.
Formazione informatica e ruolo trasformativo dell’università
L’educazione informatica non può più limitarsi ad aggiornare i contenuti tecnici. Deve invece trasformarsi in una palestra di pensiero critico, consapevolezza tecnologica e responsabilità sociale.
Nell’era dell’intelligenza aumentata, il ruolo dell’università non è più solo quello di trasmettere competenze, ma di abilitare futuri professionisti a interagire con sistemi intelligenti, a interpretarli e a governarne l’impatto. Serve un’educazione che prepari a scenari incerti, che valorizzi la capacità di apprendere continuamente, di lavorare in contesti ibridi e di progettare con le macchine, non contro di esse.
È qui che il design thinking e il foresight possono fare la differenza: come strumenti per formare persone in grado di connettere saperi, di collaborare in modo creativo e di orientarsi in un mondo dove il codice è sempre più scritto, ma non sempre compreso, da un’intelligenza artificiale.
Servono scelte coraggiose, apertura interdisciplinare e una visione trasformativa del ruolo dell’università nell’epoca dell’intelligenza aumentata. Non si tratta solo di aggiornare i contenuti, ma di ridefinire le finalità stesse della formazione nel XXI secolo.
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