«Qui puoi trovare di tutto. I prezzi? Non me ne parlare, alti. Ma bisogna vivere in qualche modo». Così Maya García, una giovane fisioterapista, descrive la Feria del Puente de calle 100, la più grande concentrazione di timbiriches, chioschetti di privati, della periferia occidentale dell’Avana. Vi si trovano circa 330 “punti vendita” che occupano quasi 700 persone. Si tratta in gran parte di ex lavoratori por cuenta propria negli ultimi due-tre anni trasformati in Mipymes, micro e piccole imprese private.
NELLA FERIA DEL PUENTE, come in decine di altre che si trovano in vari quartieri della capitale, sono presenti soprattutto chioschi costruiti alla meglio e che vendono varie mercanzie, da prodotti alimentari a biancheria e vestiti, da detersivi e prodotti per l’igiene a materiale elettrico o per l’draulica, da giocattoli a accessori per la Santeria. In sostanza una sorta grande bric a brac di prodotti che si vendono al dettaglio e che non si trovano nei negozi statali, peraltro sempre più sguarniti. Per questa ragione le Ferie sono sempre affollate di gente che si guarda intorno, cerca, compara i prezzi (che però sono praticamente uguali nei vari chioschi), sospira e compra. Magari consolandosi ai chioschi dove vendono birra e cibo veloce.
Così per la prima volta dalla vittoria della Rivoluzione, nel 1959, il «settore non statale», ovvero privato, ha sorpassato il settore statale nella vendita al minuto. Le cifre le fornisce l’Ufficio nazionale di statistica (Onei) pubblicate di recente: nel 2024 il settore non statale «è stato responsabile del 55% delle vendite al dettaglio di beni e servizi», rispetto al 44% registrato nel 2023.
LO STATO CUBANO opera in tutta l’isola con migliaia di negozi e «punti vendita al minuto» che però da alcuni anni offrono una varietà limitata di prodotti, inclusi alimentari, vestiti e prodotti per l’igiene. Merci che invece si trovano nelle varie Ferie, come in quella del Ponte di calle 100, seppure siano assai costosi. Secondo l’economista Omar Everleny sono proprio questi prezzi che «hanno fatto crescere il valore del settore privato. I generi che si vendono nei negozi statali sono spesso sussidiati, per questo quelli del settore privato sono più alti. Ma lo Stato ha poca valuta per importare beni… così la gente deve ricorrere al settore privato che è più flessibile», afferma l’economista.
Mentre lo scomparso lider maximo Fidel Castro – che ha governato Cuba dal 1959 al 2008 – aveva qualificato il settore privato come «una concessione al nemico» resa necessaria dalla fine – nel 1991 – dell’alleata Unione sovietica, il suo successore, il fratello minore Raúl Castro, aveva teorizzato che il settore non statale aveva una importanza «strategica», anche se doveva integrarsi col settore statale che rimaneva prioritario e fondamentale per il socialismo cubano.
UNA LINEA POLITICO-ECONOMICA mantenuta dall’attuale presidente – e primo segretario del Pc – Miguel Díaz-Canel: le imprese statali devono rimanere la colonna vertebrale dell’economia cubana, dominanti nel settore del commercio all’ingrosso e il settore privato deve integrarsi e risultare funzionale al settore statale. Solo che quest’ultimo continua a essere di fatto inefficiente e incapace di soddisfare le esigenze della popolazione. Specie negli ultimi anni seguiti alla pandemia del 2021 nei quali – secondo il ministro dell’economia Joaquín Alonso – la “multicrisi” che attraversa l’isola ha causato una decrescita dell’11% del Pil. E dunque una diminuzione delle risorse per importare dall’estero beni necessari. Invece le importazioni delle micro e piccole imprese private l’anno scorso hanno superato il miliardo di dollari (con un incremento del 34% rispetto al 2023). Aumento che si riflette anche nell’impiego: circa 1,6 milioni di persone – su una forza lavoro di 4 milioni – sono impiegate nel settore privato.
QUESTI DATI fotografano una situazione che spaventa una parte del vertice del Pc – che è anche forza dirigente del governo e dello Stato. Secondo le riforme lanciate da Raúl Castro undici anni fa, il settore non statale doveva essere integrato e funzionale a quello statale, in un’economia di mercato controllato e funzionale al socialismo cubano. Ma l’inefficienza del settore statale, sommata al rafforzamento del blocco economico-commerciale e finanziario unilaterale Usa voluto da Donald Trump fin dalla sua prima presidenza (e mantenuto dal presidente Biden) ha favorito una crescita del settore privato, che spesso è finanziato dai parenti dell’emigrazione ed è più flessibile e capace di supplire alla scarsità di beni e servizi del settore statale.
Secondo Omar Overleny vi sarebbe nella leadership di Cuba un dibattito tra chi è favorevole a una maggiore liberalizzazione delle imprese private e chi si oppone, nel timore che sia un processo letale per il socialismo.
COME CONSEGUENZA di questa situazione il governo e la burocrazia statale hanno posto una serie di ostacoli che hanno rallentato la creazione di micro e piccole imprese. Mentre dal 2021 fino a metà dello scorso anno venivano approvate fino a 100 Mypimes settimanali, nell’ultimo anno ne sono state approvate solo poche. Nel settore privato per questo è alta la aspettativa per la nuova legge sulle imprese, annunciata da tempo ma ancora non formulata e portata all’approvazione dell’Assemblea nazionale del poder popular (Parlamento).
Da una parte, per riformare e rendere efficiente le imprese statali sarebbe necessario un aumento delle Mipymes capace di assorbire i lavoratori in eccesso del settore statale. Dall’altro una crescita del privato viene paventata come un pericolo politico per il socialismo da una parte della dirigenza del partito- stato.
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