Chi ha il pane non ha i denti e chi ha i denti non ha il pane: così recita un proverbio lombardo. E sembra che questo detto lo si possa applicare in modo analogico anche al tema delle agevolazioni. Nel senso che spesso succede che quelle che suscitano il massimo interesse per le imprese sono scarsamente finanziate, al contrario quelle con maggiori risorse disponibili sono poco appetibili. E’ quello che succede proprio in questo momento. Infatti sul credito d’imposta 5.0 ci sono molti fondi, che non vengono utilizzati per motivi molto precisi: procedura troppo complessa e troppo costosa per le aziende e troppo lunga, infatti occorre attendere autorizzazioni dal ministero, servono diverse comunicazioni, autorizzazioni e consulenze, inoltre è un tipo di agevolazione che viene concessa su uno spettro di beni piuttosto limitato.
Il risultato è che in alcuni casi per l’impresa è addirittura più conveniente comprare i beni all’estero invece che in Italia con lo sconto 5.0. E questo è il motivo per cui qui ci sono tanti soldi disponibili e pochi li richiedono.
Invece per il credito d’imposta Transizione 4.0 si è verificato il fenomeno opposto. Si tratta infatti di un bonus molto richiesto, tanto che a giugno lo sportello era stato chiuso perché sembrava, dalle comunicazioni preventive che erano arrivate, che i 2,2 miliardi di fondi fossero esauriti. Poi alcune richieste sono state annullate e il bando è stato riaperto.
Un discorso analogo si può fare per l’agevolazione alle start up innovative, previsto dal decreto legge economia, da poco approvato in via definitiva, su cui il governo punta molto (tra l’altro ci sono mezzi finanziari approntati dalla Simest), ma anche qui la richiesta è molto limitata perché il meccanismo è stato costruito sulla base si esigenze molto particolari: per esempio le start che chiedono il finanziamento non possono fare consulenza, non possono superare fatturato di 5 milioni, ecc.. Oltretutto il meccanismo è piuttosto tortuoso per cui si mettono a disposizione 200 milioni di euro per chi investe in India, senza tener conto che progetti di questo tipo non si fanno dalla sera alla mattina, ma richiedono tempi di preparazione piuttosto lunghi, spesso diversi anni. Con la conseguenza di finire fuori dalla portata del bonus. Al contrario i bonus 4.0 e 5.0 riuscirebbero a dare una spinta molto più efficace all’economia perché premiano investimenti che possono essere fatti nell’anno.
Un altro problema deriva dal fatto che il 5.0 è finanziato dall’Europa mentre il 4.0 è finanziato dall’Italia. Quindi il primo, pur avendo molti fondi a disposizione, è appesantito da procedure e condizioni che lo rendono poco appetibile mentre il secondo, che beneficia di condizioni di maggior appeal, non ha risorse adeguate. Tanto che si è proposto di convogliare le risorse del 5.0 verso il 4.0, ma finora non se ne è fatto nulla.
La conclusione che emerge da questo intreccio di contraddizioni è inevitabilmente un invito al legislatore e ai ministri competenti a razionalizzare meglio le risorse e convogliarle negli ambiti dove veramente l’incentivo può fungere da volano per gli investimenti. Ma si tratta di un obiettivo sotto i riflettori da molto tempo, ma evidentemente ancora molto difficile da raggiungere.
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