Meeting Rimini: formazione e impresa al centro del nuovo paradigma di cooperazione in Africa


Un cambio di paradigma radicale nel rapporto con l’Africa, vista come partner strategico in un percorso di sviluppo sostenibile e reciproco. È questo il messaggio centrale emerso dall’incontro “I giovani e l’Africa: formazione e imprenditorialità per uno sviluppo sostenibile”, che aveva come scopo quello di delineare un nuovo approccio basato su collaborazione, formazione e valorizzazione del capitale umano locale. Il continente africano si presenta come un protagonista strategico del futuro, forte di un “dividendo demografico” senza pari. Come sottolineato dalla rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Elena Beccalli, i dati sono eloquenti: «una persona su quattro nel 2050 sarà del continente africano», a fronte di un’Europa destinata a una progressiva irrilevanza demografica. Questa enorme popolazione giovanile, con un’età media di 19 anni, rappresenta un’opportunità straordinaria che, tuttavia, necessita di canali adeguati a non trasformarsi in un fattore di instabilità. La chiave di volta risiede nella creazione di opportunità lavorative attraverso l’istruzione e la promozione di un’imprenditorialità diffusa. Su questa linea, l’Università Cattolica ha lanciato il “Piano Africa”, un’iniziativa che mira a sviluppare progetti educativi e di ricerca “con l’Africa e non per l’Africa”, in una logica di arricchimento vicendevole.

Questa visione è condivisa dal mondo delle imprese. Roberto Sancinelli, presidente di Montello., attiva in Kenya nel settore del riciclo, ha evidenziato come l’Occidente sia in debito con l’Africa e come oggi l’approccio debba essere orientato al “dare”. Tuttavia, ha spiegato, questo dare genera un ritorno immediato, soprattutto in termini di capitale umano qualificato. L’imprenditorialità di impatto, ovvero quella che genera un cambiamento sociale ed economico positivo, è il motore di questa trasformazione. Fabio Petroni, direttore di E4Impact Foundation, ha illustrato come la fondazione abbia già supportato 20 mila imprenditori in 20 Paesi africani, con una media di 13 nuovi posti di lavoro creati per ogni azienda. L’imprenditore africano, ha spiegato Petroni, è profondamente legato alla propria comunità e sente il dovere di restituire ciò che ha ricevuto, legando indissolubilmente la crescita della propria azienda al benessere collettivo.

In questo scenario, anche la cooperazione istituzionale gioca un ruolo cruciale, come testimoniato dall’impegno della Fondazione Lombardia per l’Ambiente. Il direttore Fabrizio Piccarolo ha descritto progetti in Tanzania focalizzati sull’adattamento ai cambiamenti climatici nel settore agricolo, un ambito che impiega circa il 75 per cento della forza lavoro. L’intervento si basa sulla formazione e il rafforzamento delle capacità locali, coinvolgendo policy maker e stakeholder a tutti i livelli per tradurre gli obiettivi globali in azioni concrete ed efficaci sul territorio. L’approccio collaborativo e multilivello, che unisce università, imprese e istituzioni, è dunque la via maestra per uno sviluppo equo. Iniziative come il Piano Mattei del governo italiano sono viste come un passo importante, soprattutto per la capacità di integrare l’interesse nazionale con la cooperazione allo sviluppo, coinvolgendo attivamente il settore privato. Per il presidente Sancinelli, la direzione è chiara: «siamo convinti che il futuro (…) dell’Italia non è più alle spalle (…) ma è davanti, è il bacino del Mediterraneo, è l’Africa».





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