L’offerta pubblica di scambio lanciata da Mps su Mediobanca si avvicina alla scadenza dell’8 settembre, salvo proroghe. Sul mercato l’attenzione resta alta, con lo scarto tra le due azioni che nelle ultime sedute si è progressivamente ridotto. Alla chiusura di ieri il differenziale era sceso all’1,6%, pari a circa 285 milioni di euro, mentre a gennaio superava il miliardo.
La riduzione del divario riflette un andamento in cui i titoli si muovono ormai in parallelo, con oscillazioni pressoché allineate. La dinamica ha riacceso l’attenzione sulle ipotesi di possibili ritocchi all’offerta, nonostante le ripetute dichiarazioni della banca senese sulla volontà di mantenere invariati i termini.
La memoria recente di operazioni analoghe, come l’Ops di Bper su Popolare di Sondrio, conclusa con un aggiustamento cash nelle fasi finali, mantiene aperto il dibattito tra analisti e operatori. Secondo quanto riportato dalla stampa, il consiglio di amministrazione di Mps discuterà nei prossimi giorni l’eventuale valutazione di un incremento in denaro.
L’offerta prevede uno scambio di 2,533 azioni Mps per ogni titolo Mediobanca, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere il 66,7% del capitale. La soglia minima fissata per l’efficacia dell’operazione è però al 35%.
Sul fronte delle adesioni, l’operazione può contare sul sostegno di azionisti di peso come Delfin (19,73%) e Francesco Gaetano Caltagirone (9,98%), oltre a una platea di investitori istituzionali. In questo scenario, l’asticella del 50% appare a portata di mano: un livello cruciale, poiché consente a Mps di utilizzare i crediti fiscali (Dta) per circa 1,2 miliardi legati agli utili generati da Mediobanca.
Anche in caso di adesioni inferiori al 50%, la banca senese otterrebbe comunque una posizione rilevante in grado di incidere su nomine e decisioni assembleari. La fase conclusiva dell’offerta sarà dunque determinante per definire gli equilibri futuri della governance di Piazzetta Cuccia.
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