Perché i lavoratori disertano gli scioperi




Milano, insieme a Monza e Brianza, Pavia e Lodi, rappresenta un’area in cui convergono, da sempre, grandi multinazionali, Pmi innovative e distretti storici e ad alta tecnologia, come quello della meccatronica. Nella cornice di questo ecosistema, tutti sono protagonisti: dagli imprenditori ai professionisti, il capitale umano delle imprese impegnate nel comparto concorre, oggi, alla formazione del 13% del Pil nazionale.
Uno dei pilatri che contribuisce al successo di questa «regione produttiva» è, senz’altro, il modello contrattuale per l’industria metalmeccanica: si tratta di un accordo contemporaneo, sottoscritto nel 2016, che garantisce il recupero certo dell’inflazione, oltre che un supporto concreto in tema di welfare. Ma c’è di più: sempre più aziende, in questi anni, hanno via via adottato anche accordi integrativi, capaci di dischiudere ulteriori opportunità significative in termini di benefit.
Dall’indagine Confindustria sul Lavoro, relativamente alle imprese associate del Centro-Nord, il 70% delle mille aziende promotrici di forme di contrattazione aziendale ha dichiarato che il welfare risulta un pilastro degli accordi; la quota di lavoratori che ne beneficia raggiunge l’80% del totale di quelli in organico, essendo lo strumento più diffuso nelle aziende più grandi. Il 70% delle aziende associate ha, per di più, promosso misure anticicliche sul versante della mobilità sostenibile, della salute, della famiglia e dello sviluppo professionale, incrementando il potere d’acquisto reale degli stessi lavoratori. Eppure, nel recente confronto legato al rinnovo del contratto, è risultato evidente che molte sigle sindacali abbiano avvertito l’esigenza di fare, inspiegabilmente, marcia indietro. Non può che essere rappresentata in questi termini la richiesta di ripristinare, come conditio sine qua non del dibattito, un modello contrattuale obsoleto e superato con il rinnovo del 2016, che ha permesso al settore di resistere e di adattarsi in questi anni all’impatto delle recenti crisi.
Va inquadrata in quest’ottica anche la richiesta, da parte sindacale, di aumenti salariali del tutto privi di connessione con il tasso di inflazione reale, a differenza di quanto avvenuto sino ad ora; incrementi slegati dalla produttività in uno scenario in cui queste imprese, motore dell’export italiano, risultano più esposte all’estrema volatilità e all’incertezza dei mercati.
Oggi un terzo delle aziende del settore presenta marginalità lorda sotto il 5%. Tale situazione, acuita dal contesto macroeconomico, non permette di operare investimenti; obbligarle ad ulteriori incrementi slegati dall’inflazione e dai risultati sarebbe una condanna anche per le loro filiere, con un potenziale effetto a catena disastroso.
Le imprese, dal canto loro, interpretando lo spirito ambrosiano, oltre che la cultura lombarda del «fare», stanno profondendo il loro impegno nell’ottica di promuovere interventi sostenibili a vantaggio delle proprie comunità professionali. Se ne sono accorti anche gli stessi lavoratori: in occasione dell’ultima astensione dal lavoro, essi hanno disertato lo sciopero, che ha registrato un tasso di partecipazione del 19,6%. Un chiaro segnale dello scarso interesse a dinamiche per lo più conflittuali: donne e uomini che operano in azienda invocano, piuttosto, una convergenza finalizzata a incrementare le iniziative tese a rispondere ai bisogni reali, come il welfare aziendale, l’assistenza sanitaria integrativa, la formazione e il sostegno alla genitorialità.
Tali considerazioni ci inducono a ritenere che il futuro del settore meccanico e meccatronico dei nostri territori passi, oggi, da tre pilastri: specializzazione, sostenibilità e dialogo sociale. Le aziende, in tal senso, stanno già facendo la propria parte per costruire il domani: nella cintura industriale milanese – da Bresso a Segrate – il 40% delle imprese ha già avviato riconversioni green, promuovendo anche investimenti nel campo della formazione e delle nuove tecnologie. Un risultato legato a un modello contrattuale contemporaneo, che premia la produttività e sollecita investimenti operati nei nostri territori e non altrove. È, allora, giunto il momento di recuperare «lo spirito del 2016», scongiurando una conflittualità che riporta le nostre menti alle dinamiche del secolo scorso.

Al contrario, è necessario operare insieme affinché il settore meccanico e meccatronico possa essere, sempre di più, motore di crescita della nostra economia, a beneficio di chi lavora, dell’impresa e, dunque, dell’intero Paese.

di Diego Andreis* e Federico Valtolina*** vicepresidente di Assolombarda ** presidente Gruppo Meccatronici di Assolombarda.



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