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Mutui più cari ad aprile, ma tornano a crescere i prestiti a famiglie e imprese – La Discussione


Segnali misti sono emersi dal Rapporto mensile dell’Abi di maggio 2025. Mentre il costo dei mutui è tornato a salire, riflettendo l’andamento dei tassi di riferimento, si è osservato un timido, ma significativo recupero del credito bancario: per la prima volta da marzo 2023, i prestiti a famiglie e imprese sono in aumento su base annua, segnando un +0,3%. Un’inversione di tendenza che è arrivata dopo mesi di stagnazione o contrazione e che lascia intravedere una possibile fase di stabilizzazione, seppur con molte incognite sul fronte del costo del denaro e della domanda di finanziamento.
Uno dei dati più rilevanti del bollettino riguarda l’aumento del tasso medio sui nuovi mutui per l’acquisto di abitazioni, che ad aprile si è attestato al 3,29%, in crescita rispetto al 3,14% di marzo e in decisa discesa rispetto al picco del 4,42% di dicembre 2023. L’incremento registrato ad aprile, spiegano gli analisti dell’Associazione bancari italiani, è da ricondurre alla risalita del tasso Irs a 10 anni, particolarmente rilevante per i mutui a tasso fisso, che nel mese si è mantenuto stabile al 2,53% dopo il rialzo di marzo.

Prestiti alle imprese

Nel frattempo, si è registrato un dato incoraggiante per il mondo produttivo: il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese è sceso al 3,82%, dal 3,92% del mese precedente, proseguendo un trend di discesa iniziato a fine 2023, quando i tassi erano oltre il 5,4%. Tutto questo ribasso accompagna un’altra notizia positiva: i prestiti alle imprese tornano a crescere (+1,1% su base annua), dopo un lungo periodo di contrazione che aveva visto il comparto segnare -1,1% solo a marzo. Un cambiamento legato, secondo Abi, a una maggiore fiducia nel ciclo economico, ma anche alla riduzione della stretta creditizia esercitata dalle banche nei periodi di elevata inflazione e tassi alti.
Il dato aggregato sui prestiti al settore privato (famiglie e imprese) ha indicato una crescita complessiva dello 0,3%, un piccolo passo avanti, ma significativo nel contesto attuale. A marzo, il dato era ancora fermo a zero. L’aumento, seppur modesto, interrompe una fase negativa durata oltre due anni, segnata da incertezza macroeconomica, instabilità geopolitica e politiche monetarie restrittive.

La raccolta cresce

Oltre al credito, il bollettino Abi ha evidenziato anche una ripresa della raccolta bancaria, ovvero dei depositi e delle obbligazioni sottoscritte dalla clientela. Ad aprile 2025, la raccolta diretta è cresciuta dell’1,7% su base annua, proseguendo la dinamica positiva avviata a inizio anno. In particolare i depositi bancari hanno segnato un +1,9% rispetto ad aprile 2024, le obbligazioni bancarie a medio-lungo termine si sono mantenute stabili (+0,1%) e la raccolta indiretta (investimenti in titoli presso le banche) è aumentata di 131 miliardi tra marzo 2024 e marzo 2025, con un contributo importante delle famiglie (+29,4 miliardi).
Questi dati, ha sottolineato l’Abi, indicano una maggiore fiducia nel sistema bancario, nonostante la permanenza di tassi relativamente alti sulla raccolta e una concorrenza agguerrita da parte di altri strumenti finanziari.

Rendimento dei depositi e obbligazioni

Sul fronte della remunerazione dei risparmi, i depositi vincolati offrono in media un tasso del 2,37%, ancora superiore al livello medio dell’area euro (2,25%). Le obbligazioni bancarie a tasso fisso offrono un rendimento medio del 3,27%, in netto aumento rispetto al periodo pre-rialzi della Bce (1,31% a giugno 2022). Ma la remunerazione dei conti correnti resta molto bassa: solo 0,35% ad aprile, in calo rispetto allo 0,38% di marzo. È un dato che evidenzia un disallineamento tra il costo del credito e la remunerazione della liquidità che, nel tempo, potrebbe spingere le famiglie a riconsiderare le proprie scelte di allocazione del risparmio.
Lo spread tra tassi attivi (prestiti) e passivi (raccolta) resta ampio, ma stabile: 179 punti base ad aprile, confermando che le banche riescono ancora a mantenere margini relativamente alti in un contesto di tassi volatili. Si tratta di un valore in linea con i livelli pre-pandemia, anche se ridotto rispetto ai picchi raggiunti nel 2022.

Crediti deteriorati in calo

Segnali positivi sono arrivati anche dal fronte della qualità del credito. I crediti deteriorati netti, cioè i prestiti in sofferenza o con rischio di insolvenza, sono scesi a 31 miliardi di euro a marzo 2025, dai 31,3 miliardi di fine 2024. Si tratta di un dato che evidenzia una gestione prudente da parte delle banche e una ripresa, seppur lenta, della solidità finanziaria di imprese e famiglie. Il rapporto tra crediti deteriorati e totale degli impieghi si è mantenuto stabile all’1,51%, un livello molto lontano dal picco del 2015, quando si superava il 9,8%. Questo dato è particolarmente rilevante in ottica prudenziale, anche alla luce dei prossimi stress test previsti dalla Bce.
Il quadro dei tassi di riferimento ha mostrato segnali di flessione. L’Euribor a 3 mesi, usato come parametro per molti mutui a tasso variabile, è sceso al 2,14% nei primi 15 giorni di maggio, rispetto al 2,25% di aprile e al 2,84% di dicembre 2024. Si tratta di una diretta conseguenza dei tagli ai tassi decisi dalla Bce, che hanno iniziato ad avere effetti sui mercati finanziari.

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