C’è un’Italia che resiste in silenzio. Fatta di borghi dove il tempo ha rallentato e i giovani se ne sono andati. Dove le scuole si svuotano e le serrande dei negozi restano abbassate. Eppure, dietro ogni salone comunale chiuso, ogni campo sportivo abbandonato, ogni teatro polveroso c’è un’occasione che aspetta solo di essere colta. Il progetto Rural Pop-up nasce per questo: restituire voce e funzione agli spazi inutilizzati dei piccoli Comuni italiani.
Ispirato a progetti di recupero rurale nelle campagne del Brandeburgo, in Germania, come per esempio Prignitz, l’esperimento approda oggi in Piemonte. È qui che Rural Pop-up ha scelto la sua base operativa, spinto da un bando del PNRR che si chiama Imprese Borghi.
Il cuore dell’iniziativa, in particolare, batte nelle Langhe, nel Roero e nel Monferrato: territori straordinari, conosciuti per i vini e i paesaggi collinari, ma meno per la loro crescente fragilità demografica. Dove un tempo si restava, oggi si parte. L’esodo giovanile svuota i paesi, lasciando dietro di sé spazi inerti, idee senza luogo e una rete di servizi che s’indebolisce.
Digitale nei borghi: tra innovazione reale e rischi di retorica
Rural Pop-up non promette miracoli, ma propone qualcosa di radicale: ricominciare dagli spazi. Mapparli, catalogarli, valorizzarli. E poi, renderli disponibili online. Qui ogni sala civica, palestra, piazza, ex scuola o edificio pubblico può tornare a vivere. Come sede per un workshop, una residenza artistica, un ritiro aziendale, una festa privata, un evento culturale.
Il meccanismo è semplice: i Comuni aderenti segnalano i propri spazi sottoutilizzati; Rural Pop-up effettua un sopralluogo, realizza una scheda tecnica, scatta fotografie, e carica tutto sulla piattaforma. Nella prima fase, tutte queste attività sono state offerte in maniera gratuita ai Comuni, grazie ai fondi ottenuti attraverso il bando. Dalla piattaforma è possibile prenotare, gestire gli affitti temporanei e – nei casi più virtuosi – attivare servizi di supporto per l’occasione.
Il Comune fa conoscere i propri luoghi e guadagna dall’affitto breve. Per ogni prenotazione andata a buon fine, l’affittuario riconosce una commissione alla piattaforma.
Ripensare le comunità rurali: il ritorno delle aree interne
Ma Rural Pop-up non è solo una vetrina di immobili. È una scommessa culturale, che punta a riattivare il tessuto imprenditoriale e creativo delle aree interne. L’obiettivo non è solo attirare turisti o visitatori temporanei, ma creare un ecosistema che incentivi la nascita di nuove imprese locali, in particolare giovanili.
C’è chi immagina un laboratorio digitale in un ex municipio, chi una residenza d’artista in una vecchia scuola, chi un hub di coworking in una canonica dismessa. C’è anche chi vuole segnalare attività da salvare: il piccolo negozio di paese, il centro sportivo, insomma quei luoghi e presìdi minimi ma fondamentali per tenere in vita un borgo, per dare continuità alla sua quotidianità. In questo senso, Rural Pop-Up aiuta a immaginare, progettare, rendere possibile.
E mentre la fascia d’età 38-45 – spesso più radicata nei territori – può dare la spinta iniziale, il passaggio di testimone è pensato per i più giovani (18-35 anni), che potranno subentrare una volta raggiunta la sostenibilità economica del progetto.
Il futuro si scrive nei margini: borghi, aree interne e cambiamento
«Add your space»: aggiungi il tuo spazio, dice uno dei pulsanti del sito. È un invito, ma anche un manifesto. Perché il futuro non è scritto solo nei grandi centri, ma può partire dai margini. E perché la rinascita dei paesi non avviene a colpi di storytelling nostalgico, ma con strumenti concreti, condivisione delle risorse, capacità di ascolto.
Rural Pop-up ci prova. E ora che la piattaforma è online, l’invito è aperto: alle amministrazioni pubbliche, ai giovani con un’idea in tasca, agli imprenditori in cerca di luoghi nuovi, ai cittadini che vogliono riscoprire lo spazio che li circonda. Nel silenzio dei piccoli paesi, qualcosa si muove. La speranza è quella di replicare l’idea progettuale altrove, in altri luoghi d’Italia.
Giovani e aree interne: non basta “portarli”, serve ascoltarli
Eppure, dietro ogni idea brillante c’è anche una sberla. E Rural Pop-up non fa eccezione. Al momento, su oltre 200 Comuni contattati solo 60 hanno risposto all’appello aprendo le porte al progetto, permettendo di censire i propri spazi. È un inizio, certo ma spesso «provare a fare innovazione digitale nei borghi italiani è come coltivare pomodori in un campo di ghiaia: puoi provarci, ma serve fatica doppia e il risultato non è garantito», spiega Enrico Icardi, founder del progetto. «La pubblica amministrazione, specie nei piccoli centri, è un organismo fragile: sotto organico, sopraffatto da burocrazie e scadenze, spesso disorientato davanti al digitale. Quando non apertamente resistente, per paura o per abitudine. Non è solo questione di infrastrutture, ma di mentalità. Di linguaggi che non si incontrano. Di sindaci volenterosi ma sommersi, e di un tessuto che chiede ai giovani di restare, creare e “mettere su famiglia”, senza però offrire alcuna condizione minima per farlo».
Chi abita nei paesi c’è passato spesso: si fanno bandi, si tentano esperimenti, si aprono spazi di aggregazione perché si crede nel ritorno. Ma spesso il terreno rimane arido, impermeabile al cambiamento. Rural Pop-up nasce anche da questa consapevolezza: non come la soluzione definitiva, ma come un ponte praticabile. Un tentativo ostinato di riaprire spiragli. Perché sì, qualcosa si può fare. Ma bisogna avere il coraggio di dire che non sarà semplice.
Se ti è piaciuta questa storia, iscriviti alla newsletter Storie dal futuro.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link