Alternativi, Kadouch-Chassaing (Eurazeo): “Private credit italiano pronto al boom”


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Il private equity francese da 37 miliardi di euro in gestione apre una nuova sede a Milano e punta sul mid-market per sostenere la crescita delle imprese italiane. Obiettivo: trasformare le PMI in campioni europei e cogliere il potenziale di un mercato ancora poco penetrato dagli alternativi

“L’Italia è un mercato che ci interessa molto, vogliamo diventare la piattaforma leader nei private asset sul mid-market”. William Kadouch-Chassaing, co-ceo di Eurazeo, inquadra così l’ultima iniziativa del private equity francese al di sotto delle Alpi. La società, con quasi 37 miliardi di euro di asset diversificati in gestione attraverso strategie che spaziano dal private debt ed equity al real estate fino alle infrastrutture, ha infatti deciso di aprire una nuova sede a Milano per rafforzare la presenza nel nostro Paese in vista di una stagione che promette di vedere l’ascesa degli alternativi nei portafoglio degli investitori europei. FocusRisparmio lo ha raggiunto avere una view sul futuro del settore e approfondire i piani di crescita del gruppo.

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Cosa vi ha spinto a consolidare la presenza in Italia e quali sono le aree di business che vi interessano di più?

Il private equity e il direct lending crescono in Italia, ma il tasso di penetrazione resta inferiore rispetto ad altri Paesi europei. Ed è proprio questo gap il primo fattore a creare margini per nuove iniziative. Inoltre, gli operatori domestici hanno dimensioni ridotte e un’impronta locale, fattori che offrono opportunità a un player internazionale come noi. Ci focalizziamo su segmenti in forte crescita dove l’Europa eccelle: servizi B2B tecnologici, finanza, biotech, applicazioni mediche e soluzioni ambientali. Ma vogliamo anche sostenere il ricambio generazionale del tessuto produttivo: molte PMI italiane sono infatti a conduzione familiare e il 15% dei cda ha un’età media di 65 anni. Anche per questo realtà come Futura, startup di istruzione tramite IA in cui abbiamo investito, mostrano interesse ad aprire il capitale.

Quali sono le operazioni che seguite nel nostro Paese e a quale bacino di clienti vi rivolgete?

Il bacino di imprese cui intendiamo rivolgerci è rappresentato da quel 90% di mid-cap locali che ha meno di 250 dipendenti: come player europeo specializzato in strategie buy-and-build siamo infatti convinti di poterle accompagnare in un percorso di sviluppo e trasformarle in campioni europei attraverso una crescita sia organica che inorganica. Per quanto riguarda i clienti, ci rivolgiamo principalmente a due categorie di partner: investitori istituzionali tradizionali, dalle compagnie assicurative alle banche fino alle casse di previdenza e ai fondi pensione, e partner distributivi per soluzioni di gestione patrimoniale. Siamo però anche dei grandi sostenitori della democratizzazione del private equity, trend rispetto alla quale vediamo una domanda molto solida nella Penisola e crediamo nel potenziale del nostro franchise di wealth management.

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Avete circa 36,8 miliardi di euro di asset diversificati in gestione, di cui 27 miliardi affidati da clienti istituzionali e retail. Come incide l’Italia su questi numeri? Quali sono i vostri obiettivi per il business locale?

In 19 anni abbiamo stanziato oltre 2 miliardi di euro e sostenuto più di 50 aziende italiane, con storie emblematiche come quella della trasformazione di Moncler. I nostri obiettivi per questo mercato sono dunque coerenti con il potenziale del Paese, che oggi è uno di quelli in cui registriamo la più rapida raccolta per i nostri fondi. Per quanto riguarda il private debt, ad esempio, prevediamo che la Penisola continui a giocare un ruolo di primo piano e puntiamo a investirvi altri 300-350 milioni di euro entro la fine del 2026. Per supportare questa crescita ed essere il più possibile vicini tanto alle opportunità di mercato quanto ai nostri partner, abbiamo aperto il nostro primo ufficio nel 2021 e lo scorso marzo abbiamo annunciato una nuova sede a Milano.

Ha parlato di approccio buy-and-build. Cosa significa?

È la strategia con cui consolidiamo aziende più piccole per farle crescere e diventare leader europei. La applichiamo in tutte le aree: private equity, private debt, real estate e infrastrutture. In Italia, dove il mercato delle mid-cap è frammentato, funziona particolarmente bene. Supportiamo le aziende con finanziamenti garantiti e piani di rimborso a lungo termine. Tra le operazioni seguite ci sono GB Sapri, Tikedo, Alma Farmacie ed Excellera Advisory Group.

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Quali sono le operazioni in cantiere o i fondi prossimi al lancio? Ci sono nuovi settori produttivi cui state guardando, magari anche in considerazione dei megatrend emergenti oppure dell’impatto che avranno i dazi?

Abbiamo completato il primo closing dell’Eurazeo Planetary Boundaries Fund (EPBF), raccogliendo 300 milioni di euro e quindi raggiungendo il 40% del target finale di 750 milioni. Si tratta di un prodotto che mira ad affrontare le grandi sfide ambientali globali, investendo in progetti di agricoltura sostenibile ed energia geotermica. Ci prepariamo inoltre a fare debuttare sul mercato il prossimo fondo ELTIF 2, che permetterà ai sottoscrittori individuali di operare a fiano di partner istituzionali e con maggiore flessibilità. Nel private debt, siamo impegnati nella raccolta e nell’investimento del settimo fondo pan-europeo di Direct Lending: la strategia continua a concentrarsi sul segmento lower-mid market, dove registriamo il maggior volume di operazioni e il miglior profilo rischio-rendimento. Sul fronte tecnologico, in qualità di principale fondo europeo nel settore tech, stiamo finalizzando il primo closing del nuovo vintage del fondo di crescita EGF-IV.

Quali prospettive di crescita vi aspettate per il private credit, in generale ma anche in Italia? Quali differenze ci sono ad oggi tra il mercato tricolore e quello francese?

In Francia, Germania e Regno Unito il private debt copre già il 50%-70% delle operazioni di buyout o refinancing, ma si avvertono segnali di saturazione e compressione dei rendimenti. In Italia il tasso di penetrazione è sotto il 10%, ma il mercato è promettente. Negli ultimi quattro anni il settore è cresciuto del 41% annuo, con quasi 5 miliardi investiti. Prevediamo che i fondi di private debt continueranno a crescere, erodendo quote alle banche, favoriti dai vincoli patrimoniali imposti agli istituti e dalla crescente presenza di private equity esteri attratti da opportunità primarie e fondamentali macroeconomici favorevoli.

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Cosa vi aspettate invece dai mercati privati in senso lato? Concordate con la previsione di BCG secondo cui, entro il 2030, l’incidenza del segmento retail sulle masse globali di questo universo sarà triplicata fino a raggiungere il 15%?

Non c’è dubbio che questo segmento sia destinato a crescere. In particolare, il private equity europeo nel mid-market ha storicamente generato rendimenti superiori rispetto alle asset class liquide nel lungo periodo. Inoltre, si sta affermando come un’asset class con un profilo rischio-rendimento particolarmente interessante. Questi sono fattori rilevanti in un momento in cui l’Europa ha bisogno di una miglior allocation del risparmio verso l’economia reale. Ma la democratizzazione degli alternativi è un trend di cui la stessa Eurazeo è stato pioniere, avendo avviato questa strategia già 20 anni fa. Oggi i clienti privati rappresentano infatti il 25% della nostra raccolta complessiva. Per rispondere a questa domanda e favorire l’apertura dei mercati privati agli investitori individuali, abbiamo lanciato il fondo EPVE3: con 3 miliardi di masse in gestione, investiti per il 40% in private equity e per il 60% in private debt, si configura come il più grande fondo evergreen in Francia e uno dei maggiori in Europa.

📍Per approfondire vai al Cornerstone Alternativi

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