Stelle, oceani ed eventi: crescono le richieste per i planetari di Skypoint


Avevano in mente un futuro da fisici, a fargli cambiare idea è stata la passione comune per l’astronomia. Lui si chiama Marco Cosmacini, lei Marzia Muradore: marito e moglie, sono i titolari di Skypoint, un piccolo gioiello che hanno creato nel 1999 a Campoformido, alle porte di Udine.

La loro azienda non è soltanto una delle più fornite in Italia per la vendita di telescopi e di attrezzature dedicate all’astronomia e all’osservazione scientifica, ma anche una delle poche realtà al mondo attive nella progettazione e nell’installazione di planetari. I concorrenti, a livello globale, si contano sulle dita di una mano, al massimo due.

E a volte diventano alleati, come la statunitense Evans&Sutherland, leader mondiale nel campo dei software di simulazione, con cui Skypoint ha collaborato per la realizzazione del planetario di Praga, il primo in Europa a schermo Led.

Ventidue metri di diametro, è stato inaugurato due mesi fa ed è stato capace di richiamare ben 70 mila visitatori solo nelle prime quattro settimane di apertura. «Il sistema audio 3D di cui è dotato il planetario – rivela Marco Cosmacini – è stato progettato e realizzato da noi, mentre la tecnologia led è firmata da Evans&Sutherland». Il settore è di nicchia, ma molto dinamico, sull’onda di un’evoluzione tecnologica che sta imponendo i planetari come strumento interdisciplinare al servizio non solo dell’astronomia.

«Il planetario – spiega Cosmacini – è oggi uno dei sistemi più flessibili al servizio dell’osservazione e della divulgazione scientifica, capace di “fotografare” fenomeni come la crescita di temperatura degli oceani. Non solo, i loro megaschermi ultra definiti ne fanno anche una piattaforma ideale per organizzare eventi».

Da qui una domanda sostenuta, sia in Italia che all’estero, e un fatturato che oscilla tra i 6 e i 7 milioni. Tra i progetti più recenti e prestigiosi i planetari di Kaunas, Belgrado, Mannheim, Berlino e Nebra, in Germania, di Bristol in Inghilterra, diversi per caratteristiche e dimensioni, ma accomunati dagli elevati livelli tecnologici, a partire dalla risoluzione delle immagini.

Standard all’avanguardia come quelli che caratterizzeranno la nuova commessa a sei zeri acquisita ancora in Lituania, a Vilnius. Se è l’estero a lanciare le sfide più impegnative, la domanda è alta anche in Italia, anche grazie ai fondi Pnrr, che hanno spinto diversi musei e centri scientifici italiani a dotarsi di nuovi planetari.

«Nell’ultimo anno – rivela Cosmacini – ne abbiamo installati una dozzina: la maggior parte è di diametri compresi tra i 6 e i 9 metri, perché l’Italia ha una tradizione di planetari piccoli. Uno dei più grandi è quello di Torino, una cupola di 12 metri che stiamo rinnovando e che sarà dotato di una risoluzione di 4 mila pixel».

Ad alimentare i fatturati c’è anche la divisione astronomia, grazie allo showroom di Campoformido, uno dei più forniti d’Italia, e a una struttura di tecnici (11 i dipendenti a libro paga) che consente a Skypoint di partecipare a diversi progetti scientifici, come quello che l’ha vista partner della Stazione Radioastronomica di Medicina (Bologna).

Tra i fiori all’occhiello anche i telescopi per ragazzi customizzati per la Barilla nell’ambito di un concorso legato a uno dei biscotti più noti del gruppo. Tra pan di stelle, stelle virtuali su uno schermo led e stelle vere e proprie, la distanza parrebbe di anni luce e induce al sogno e alla filosofia. Skypoint, chapeau, è riuscita a farne un business. — © RIPRODUZIONE RISERVATA



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